DINTORNI

Oasi di Vendicari

La Riserva naturale orientata Oasi Faunistica di Vendicari è sita in provincia di Siracusa precisamente tra Noto e Marzamemi. Particolarmente importante per la presenza di pantani che fungono da luogo di sosta nella migrazione degli uccelli. Prevista da una legge della Regione Sicilia del maggio 1981, è stata ufficialmente istituita nel 1984, dopo che l'allora Ministro dell'agricoltura e delle foreste Filippo Maria Pandolfi dichiarò 1450 ettari di territorio "zona umida di importanza internazionale", secondo la Convenzione di Ramsar del 1971. È stata resa effettivamente fruibile solo nel 1989. È gestita dall'Azienda Regionale Foreste Demaniali. All'interno della Riserva la storia umana mostra una lunga permanenza. Vi sono diversi insediamenti archeologici e architettonici che testimoniano la vita dell'uomo in questi luoghi sin dall'epoca greca. È possibile trovare infatti le tracce di vasche-deposito di un antico stabilimento per la lavorazione del pesce di età ellenistica, accanto alle quali si è scoperta anche una piccola necropoli del V sec a.C.

In epoca bizantina (sino al VI secolo d.C.) l'area venne abitata a sud con la presenza di una chiesa diverse catacombe e abitazioni. La pericolosità delle coste indusse gli abitanti all'abbandono del sito per le aree interne come Pantalica. 

La Torre Sveva, costruita probabilmente da Pietro d'Aragona, conte di Alburquerque e duca di Noto (1406-1438), nonché fratello di Alfonso V d'Aragona, re di Spagna e Sicilia (1416-1458) testimonia l'interesse strategico dell'area per la difesa della costa. Poco lontano vi è la tonnara di Vendicari, un edificio in disfacimento che conserva ancora in buone condizioni la ciminiera, oltre a vari stabilimenti e alle case dei pescatori: la tonnara fu costruita nel Settecento: nel periodo di massima espansione ebbe 40 dipendenti, tra cui due rais (il primo di Avola e il suo vice di Pachino). Smise la sua attività nel 1943.

Le saline di Vendicari ebbero importanza economica per lungo tempo, certamente a supporto della tonnara per la conservazione del pesce. I primi impianti risalgono al XV secolo e, a tutt'oggi, ne restano vestigia sul Pantano Grande.


Eloro

Eloro (Heloros, in greco ed Helorus in latino) è stata un'antica polis siceliota. Il centro, oggi un sito archeologico, è ubicato su una collina (20 metri slm) prospiciente il mar Ionio, a circa 8 chilometri a sud-est di Noto, nell'odierna provincia di Siracusa, poco a nord della foce del fiume Tellaro (allora detto Eloro come la città).

Sappiamo pochissimo della storia di Eloro, almeno fino al periodo romano. La scoperta di ceramica greca databile alla fine dell'VIII secolo a.C. sembra confermare che Eloro fu la prima subcolonia di Siracusa, posta sulla direttrice della più tarda via Elorina, menzionata più volte da Tucidide, strada che metteva in comunicazione Eloro con il centro aretuseo. La più antica menzione di Eloro è in Pindaro (Nemee, IX, 40).

Secondo quanto riportato da Erodoto, nell'alto corso del fiume Tellaro, Ippocrate, tiranno di Gela, sconfisse in battaglia nel 493 a.C. le forze siracusane.

Non lontano da Eloro, i Siracusani sconfissero gli Ateniesi (battaglia dell'Assinaro, del 413 a.C.).

Nel 263 a.C., come ricorda Diodoro Siculo, insieme ad Akrai, Leontinoi, Megara Iblea, Netum e Tauromenion, Eloro fece parte dei possessi riconosciuti dai Romani, impegnati nella Prima guerra punica, a Gerone II di Siracusa.

Nel 214 a.C., come attestato da Tito Livio, Eloro, che era passata ai Cartaginesi, si consegnò senza dar battaglia a Claudio Marcello.

Dalle Verrine di Cicerone ricaviamo che Gaio Verre spogliò completamente la città delle sue opere d'arte e che sulla costa presso Eloro si svolse una battaglia navale che permise ai pirati di distruggere la flotta provinciale (71 a.C.).

La città rimase fiorente anche in epoca bizantina, ma venne quasi completamente distrutta con l'arrivo degli Arabi.


Calabernardo e Lido di Noto

Lido di Noto, 243 abitanti, 5 m s.l.m., è una frazione marinara del comune di Noto, da cui dista circa 5 km. Possiede una spiaggia di fine sabbia dorata e, nel periodo estivo, diventa la meta di villeggiatura di turisti e netini. La borgata, fondata nel 1928, è ricca di stabilimenti balneari. Nel corso degli anni si è accresciuta di numerose villette così come di infrastrutture turistiche.

Calabernardo è una frazione balneare di Noto. Dista 7,77 km dal centro della cittadina del siracusano.

Si affaccia sul Mar Mediterraneo e si trova su un terreno perlopiù roccioso e sabbioso, ricco all'interno di minerali quali ferro. Dispone di un faro oramai non più in funzione e di alcuni bar sulla costa e un porto che si estende per gran parte del paese.


Noto antica e Monte Alveria

Noto Antica ovvero Netum, è l'antico abitato di Noto distrutto a seguito del terremoto dell'11 gennaio 1693. Municipium sotto il dominio dei Romani, capovalle dalla dominazione araba in poi e fregiata del titolo di civitas ingegnosa da Ferdinando il Cattolico, fu patria di molti elementi di spicco fra il XIV e il XVI secolo, nonché uno dei principali centri culturali, militari ed economici della Sicilia sud-orientale. Circondata da imponenti mura (molte delle quali ancora in piedi) e da profonde vallate del monte Alveria, non fu mai presa con la forza. Solo il violento terremoto del 1693 riuscì a distruggerla, causando nel Val di Noto oltre 60 mila vittime.

Il primo insediamento umano nella zona risalirebbe all'età del bronzo antico (XVIII-XV sec. a.C.) della civiltà di Castelluccio, ma sono anche presenti tracce della Civiltà di Finocchito del VIII-VII secolo a.C.. Nel V secolo a.C. Ducezio, il Re dei Siculi, in vista della guerra contro gli invasori greci, avrebbe trasferito Neai (che gli avrebbe dato i natali), di incerta collocazione, dal colle della Mendola, nell'altipiano dell'Alveria, un singolare monte cuoriforme, circondata da profonde gole che la rendevano imprendibile, fuorché per uno stretto istmo che venne fortificato. Recenti studi tenderebbero ad escludere la cittadinanza netina di Ducezio e quindi il trasferimento di Noto. È comunque accertato che il Monte Alveria era abitato fin da epoca preistorica e che successivamente fu sede di diverse comunità sicule a partire dal IX secolo a.C. Il ginnasio, gli heroa, le vaste necropoli a fossa, i templi e i teatri di cui si ha notizia, indicano l'alta considerazione di cui la città sicula godette da parte dei conquistatori greci, dei quali assimilò culto e costumi.